Quando arrivava in officina qualche modello nuovo da vendere, io lo prendevo, gli mettevo un po’ di miscela e andavo in giro per la Croce a farlo vedere al mondo. Il mio tour comprendeva un pezzo di via Porrettana contromano, poi via Canonica, via Caravaggio, un altro pezzo di Porrettana lungo i portici, via Carracci, piazza Zampieri e ritorno dalla Porrettana. Passavo davanti a tutti i bar e ai ritrovi di gruppetti più o meno adolescenziali, potenzialmente interessati al mezzo in prova.
Feci così anche quando arrivò la prima Vespa PK 50, quella che doveva sostituire la gloriosa 50 Special. A me non piaceva molto, aveva delle linee troppo squadrate per i miei gusti, ma era una novità importante ed era giusto che la portassi in rassegna. Feci il solito giro, ma aggiunsi una variante: svoltai per via Tunisi. Anche lì, all’altezza dell’incrocio col vialetto pedonale, c’era sempre un gruppetto di ragazzi, non ci ero particolarmente in confidenza ma volevo mostrare anche a loro il nuovo corso della Piaggio. Quando arrivai vicino a loro si alzarono e si misero in mezzo alla strada per fermarmi. E qui vidi che non erano i ragazzi che pensavo io. Era gente della Barca.
La Barca è un quartiere di Bologna limitrofo alla Croce di Casalecchio. Oggi il suo edificio simbolo, il cosiddetto Treno, è diventato patrimonio dell’UNESCO. All’epoca era un posto dove non conveniva andare se non si avevano buone ragioni per farlo. E quando erano i barcaioli a venire alla Croce c’era aria di guai.
Mi fermarono e mi vennero intorno. Mi chiesero che li lasciassi fare un giro. Col piffero. Stavo incollato alla sella e al manubrio. Cominciarono ad aprire il bauletto e i bandoni laterali, collegati alla carrozzeria da una pratica fascetta di plastica. Io ne chiudevo uno e loro aprivano l’altro. Poi cominciarono a darmi degli schiaffoni sulla coppa. Misi in moto. Ingranai la prima. Tirai un pugno col braccio destro dietro di me, alla cieca. Qualcuno colpii. Non riuscii a coordinare gas e frizione e la Vespa si fermò lì. Mi furono addosso. Calci e pugni, pugni e calci. Io sempre attaccato al manubrio. Poi qualcosa o qualcuno li disturbò, forse dai balconi qualcuno vide e disse qualcosa, fatto sta che se ne andarono di corsa.
Rimasi lì, con gli occhiali rotti e vari lividi sulla faccia e sul corpo. Ma la Vespa nuova era ancora lì e non aveva un graffio. In ogni caso, via Tunisi sparì per parecchio tempo dal mio giro.